Urbanistica INFORMAZIONI

Sprawl e vivibilità di Melbourne

L’esperienza di almeno trent’anni dice che senza limiti espliciti all’espansione dell’area metropolitana è difficile garantire la continuità degli scenari urbani lungo direttrici di sviluppo collegate al centro città e, inoltre, in grado di assicurare la concentrazione delle attività economiche e sociali.
A questo problema ha inizialmente tentato di porre rimedio il Dipartimento di Pianificazione dello Stato di Victoria, rappresentato dall’allora ministro Mary Delahunty, con il documento Melbourne 2030 (2001), che aveva lo scopo di guidare la città nei cambiamenti che sarebbero occorsi nel periodo 2001-2030. Nel documento si prevedeva che solo il 31% dei nuovi insediamenti avrebbe potuto essere collocato in nuove aree di espansione ma, a causa delle difficoltà incontrate nell’assicurare alloggi a prezzi contenuti nelle aree più centrali, la regola non ha trovato piena applicazione e si è pervenuti alla nuova soglia del 47% fissata nel 2008 dal documento: Melbourne 2030: a planning update – Melbourne @ 5 million, presentato dal ministro della Pianificazione Justin Madden. In quest’ultimo documento sono, inoltre, contenute previsioni riguardanti l’ingente crescita della città per i vent’anni successivi. Previsioni che hanno lasciato sul campo notevoli perplessità riguardo alla capacità di mantenimento della futura vivibilità della città.
Nel documento si legge infatti che tra il 2006 e il 2036 lo Stato di Victoria sarebbe dovuto crescere di 2,3 milioni di abitanti, di cui 1,8 nella sola area metropolitana di Melbourne. Alla luce di questa prospettiva, il Governo di Victoria, rappresentato dall’attuale ministro della Pianificazione Matthew Guy, è corso ai ripari, prevedendo una strategia di sviluppo selettivo della città lungo corridoi preferenziali e puntando l’attenzione primariamente sul recupero di aree industriali centrali, parzialmente o totalmente dismesse.

Mobilità residenziale

La scarsa attrattività delle nuove residenze in aree centrali è dovuta principalmente al fatto che, a parità di prezzo, molti australiani preferiscano una casa indipendente lontano dal centro ad un appartamento nella City. Questo aspetto influenza anche il più grande progetto di riqualificazione oggi in corso, quello dei Docklands, una delle aree portuali più importanti della città fino agli anni ’50 e ’60 del secolo scorso e da allora lasciata in uno stato di disuso. Abbandono che è durato fino al recente progetto di recupero grazie al quale sono stati costruiti centri commerciali, residenze, attrezzature sportive e altri spazi per la ricreazione e il tempo libero.
Ma per quanto attiene alla funzione residenziale si è riscontrata una domanda assai tiepida. La presenza di un clima generalmente mite durante tutte le stagioni dell’anno e il fatto che l’80% della popolazione vive entro i 50 km dalla costa, fanno sì che da sempre gli australiani amino spendere i weekend in spiaggia o comunque all’aria aperta, possibilmente lontano dalla congestione urbana.
Inoltre, grazie alla disponibilità di vaste aree di terreno libero a prezzi accessibili, si è sviluppata una “cultura del backyard” (vedi: Tony Hall, The Life and Death of the Australian Backyard, CSIRO Publishing, 2010) con lotti residenziali suburbani che raggiungevano anche i 1200 metri quadri all’epoca delle prime colonie, per poi assestarsi ad una media di 600 metri quadri ai giorni nostri. Un altro fenomeno inusuale per l’Italia è lo scarso attaccamento che gli australiani dimostrano nei confronti delle loro case, anche di proprietà. Secondo le statistiche dell’HILDA (Household, Income and Labour Dynamics in Australia Survey Annual Report) promosse annualmente dal Melbourne Institute of Applied Economic and Social Research, un australiano vive in media non più di dieci anni nello stesso domicilio. I motivi per cui si sceglie di cambiare casa sono principalmente familiari (allargamento o restringimento del nucleo) ma anche lavorativi: non solo trovare un’occupazione in un’altra città, ma anche trovare lavoro in un altro quartiere della città, comporta quasi sempre un cambio di residenza. I giovani sono spinti a muoversi dalle opportunità che si presentano loro, ma anche col passare degli anni molti australiani non accennano a fermarsi stabilmente in un luogo. Un esempio curioso è il fenomeno dei cosiddetti “Grey Nomads” (letteralmente nomadi dai capelli grigi). È pratica diffusa fra le persone dai cinquantacinque anni in su (gli “anziani” australiani) vendere le proprie case per acquistare un camper o un caravan e partire alla scoperta del proprio territorio.

Suburbia

Un’altra motivazione è legata al rapporto periferia-centro che caratterizza le città australiane. Nelle città australiane di maggiori dimensioni, infatti, non è possibile parlare di “centro città” (per lo meno, non nell’accezione della “vecchia Europa”): la loro struttura riflette una organizzazione sociale sostanzialmente policentrica (il sistema dei suburbs) rintracciabile anche a livello amministrativo. Il territorio dello Stato del Victoria è, infatti, suddiviso in nove regioni, le quali sono a loro volta suddivise in “local government areas” che prendono il nome di Cities, ulteriormente articolate in Suburbs. La City of Melbourne è quella di più antica fondazione (1842) e domina la regione della Greater Melbourne, l’area metropolitana della città (che però non ha autorità amministrativa).
La moltiplicazione dei suburbs è da far risalire alla fine della Seconda Guerra Mondiale quando, grazie al boom economico e alla diffusione delle automobili, gli australiani poterono permettersi di vivere nella tranquillità della periferia e di andare a lavorare nella City. Con il crescere di numero e di dimensione, i suburbs hanno iniziato ad essere dotati di attività e servizi e, di conseguenza, vi si sono create numerose opportunità lavorative. Il risultato di questo fenomeno si manifesta nel fatto che ancora oggi molti Melbourniani non frequentano la City se non per occasioni particolari.
Infine, un’altra causa del radicamento di una struttura basata sui suburbs è il carattere multiculturale dell’Australia e di Melbourne nello specifico. Negli anni delle grandi immigrazioni, infatti, le nuove popolazioni tendevano ad insediarsi in zone periferiche e a costituire veri e propri ghetti. Si creava in questo modo un forte senso di appartenenza al suburb, il quale, come nel caso dell’italiano Carlton, diveniva una trasposizione agli antipodi del paese/città di origine.

Densità

Osservazioni critiche riguardanti la crescita urbana, spesso fuori controllo, hanno portato alla definizione di numerose linee guida volte a limitare l’estensione della città, ma nello stesso tempo le vecchie abitudini australiane sono rimaste ben radicate: gli abitanti continuano a preferire la bassa densità dei quartieri periferici.
Progetti recenti, quali la riqualificazione dei Docklands, nati anche con la finalità di realizzare un mix funzionale in cui gli edifici residenziali e i servizi locali avrebbero dovuto avere un ruolo preminente, sono falliti soprattutto su questi aspetti. Il programma di riqualificazione e sviluppo dei Docklands, che è giunto alla sua seconda decade di vita, si configurava come il tipico programma di sviluppo urbano progettato e costruito sotto la supervisione di un ente governativo. Così, una certa rigidità nella realizzazione, unita alla sottovalutazione dei bisogni delle popolazioni future, non sorprende.
Una risposta a queste difficoltà si può trovare nelle iniziative promosse in modo più spontaneo da parte di soggetti meno istituzionali. Un caso interessante riguarda il progetto Newport2050. Questo programma ha sviluppato esiti e scenari per Newport, situato nella zona ovest dell’area metropolitana di Melbourne, con l’obiettivo di colmare il divario e di avviare forme di interazione tra il mondo accademico, i residenti, i commercianti, l’amministrazione locale e i progettisti. Agli studenti del Laboratorio finale della laurea magistrale in Architettura della Deakin University, a partire da un compendio di indirizzi messi a punto da gruppi di commercianti locali e dall’Hobsons Bay City Council, è stato chiesto di immaginare una serie di scenari alternativi per Newport come luogo di vita e lavoro.
Quante e quali “Melbourne” sarebbero prese in considerazione se si assumesse l’obiettivo di valutarne la vivibilità in relazione ai modelli di densità di popolazione auspicati? La “Grande Melbourne”, con quartieri periferici di cui la maggior parte dei Melbourniani non ha mai sentito parlare; o piuttosto la “Melbourne dei suburbs”, quella della vita di tutti i giorni?
A questo proposito, è importante ricordare che il ministro Guy pubblicò nell’ottobre 2012 un nuovo piano strategico basato sul concetto di avere una “24-hours city” nel Central Business District (CBD) e un “20-minutes city” nei quartieri periferici. L’idea sintetizza la volontà di avere un’area metropolitana con due velocità, anche se questo obiettivo risulta estremamente difficile da realizzare.
La velocità della vita di ogni giorno è caratterizzata da brevi distanze, percorribili a piedi o in bicicletta – mezzi di spostamento non sempre tra le prerogative degli australiani – mentre la velocità richiesta per la fruizione continua del centro cittadino (il CBD) si deve avvalere della rete di infrastrutture veloce della Melbourne metropolitana, al fine di rendere il CBD attraente e disponibile durante tutto l’arco della giornata, per il lavoro ma anche per scopi culturali e ricreativi.
Sono evidenti e dichiarati i riferimenti ai modelli tradizionali della città metropolitana europea nel tentativo di evitare la perdita di quella identità urbana che Melbourne, nonostante tutto, è riuscita a mantenere fino ad ora. L’alternativa in campo, comunque plausibile, diventerebbe l’appartenenza indistinta a uno sprawl di ampia scala che potrebbe arrivare a coprire quasi l’intero territorio dello Stato di Victoria con innumerevoli quartieri che, a loro volta, rischierebbero la perdita di quella identità residua, spesso collegata al gruppo etnico dei suoi primi abitanti, di cui è ancora possibile rinvenire la traccia.

Data di pubblicazione: 18 marzo 2015