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Perth: scenari strategici metropolitani

Gordon Stephenson nel lontano 1953 disegnava, con geometrie semplici e forti segni urbani, una città razionalista dotata di tutti i servizi e che mantenesse una qualità alta dello stile di vita, quasi a misura d’uomo. Oggi la città di Perth, pur mantenendo in parte la sua struttura originaria tenta di andare in controtendenza rispetto al piano di Stephenson per accreditarsi nel palcoscenico mondiale delle città globali e avere un ruolo nella competizione tra i “giganti” della terra, il tutto determinato da una crescita vertiginosa di popolazione ed economia.
La realtà di Perth oggi offre comparti produttivi in forte crescita (miniere, produzione tessile, logistica, terziario,…) ed allo stesso tempo alti problemi strutturali ed organizzativi dell’insediamento urbano i quali esercitano un’alta funzione propulsiva dell’occupazione e dell’economia regionale.
In questi ultimi anni, grazie anche all’intensa attività amministrativa guidata dal Sindaco Lisa Scaffidi, la città ha puntato, con l’ausilio del piano strategico “Perth City Vision 2029” alla riqualificazione urbanistica e socioculturale dell’area urbana, sponsorizzando ed avviando alcuni grandi piani e progetti urbanistici come il Perth Arena (la cui opera si è conclusa quest’anno); il Fiona Stanley Hospital (opera in ultimazione); e, più di tutti, il progetto condotto di concerto con lo Stato del Western Australia e l’Autorità Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, l’Elizabeth Quay (i cantieri sono stati aperti alla fine del 2012). Quest’ultimo prevede la completa ristrutturazione, rigenerazione e riqualificazione urbana del waterfront dello Swanriver su cui la città di Perth si affaccia tenendo con il fiato sospeso tutta la popolazione per i suoi effetti sul territorio.
Il progetto dell’Elizabeth Quay è la proposta di scenario più audace, che sosterrà la riqualificazione e ristrutturazione del CBD centrale di Perth; ma è anche l’opera più discussa e controversa dall’implementazione del piano urbanistico di Stephenson poiché trasformerà il cuore della città con attrazioni sociali e culturali, nuove architetture che concretizzeranno un lifestyle molto diverso da quello tradizionale.

Una città noiosa?

Dal punto di vista degli eventi culturali, la città sta lavorando sulla ri-vitalizzazione culturale e sociale nel tentativo di sfatare il mito di città noiosa – dullsville – attribuitole agli inizi degli anni ’90 dalla guida Lonely Planet del Central Business District (CBD), rilanciando diversi incontri di richiamo internazionale che la vedono attrarre, ancora in modo non del tutto solido e continuativo, nuovi segmenti di city-users (per esempio, nel luglio 2011 si è svolto a Perth il terzo congresso mondiale delle scuole di Planning).
Ma l’interesse per la struttura urbana fu rilevato anche da Giancarlo De Carlo che la definì “una città edoardiana”, da Charles Landry e da studi internazionali come quelli di Gehl e Hassell, impegnati in progetti per la città. Recentemente, sono state avviate iniziative di pianificazione strategica, partecipata e urban regeneration che stimolano curiosità ed interesse da più parti (Hedgcock 2011).
Tuttavia, questa città presenta questioni e conflitti aperti dovuti al clima (incendi, desertificazione, eventi atmosferici di grande portata) e alla coesistenza degli abitanti nativi con le popolazioni immigrate (Hill 2008). Non è un mistero lo storico conflitto sociale tra gli abitanti “colonici” e aborigeni con cui tutta l’Australia continua a confrontarsi.
Kevin Rudd, primo ministro laburista in carica dal 2007 al 2010, aveva riconosciuto i maltrattamenti inflitti agli aborigeni e chiesto scusa ai nativi nel febbraio 2008.
Storicamente, l’Australia subisce ciclicamente disastri naturali. Nel 1974 il ciclone Tracy distrusse la città di Darwin radendola quasi al suolo e nel 2011 il ciclone Yasi ha distrutto il Queensland, colpendo anche la città di Brisbane. Inoltre sono frequenti incendi, piogge ed alluvioni torrenziali oltre all’intensa desertificazione delle aree più interne.
Come i sistemi ambientali, anche i sistemi urbani sono al centro dell’attenzione degli osservatori mondiali. La classifica dell’Economist ha inserito tre città australiane (Melbourne, Sidney e Perth, rispettivamente al primo, settimo e nono posto) nella top ten delle città più vivibili del pianeta (sui criteri della stabilità, salute, cultura ed ambiente, istruzione e infrastrutture.)

Visioni metropolitane

Negli ultimi anni Sidney, Melbourne e Perth sono, sempre più spesso, citate come città ad alta vivibilità e sostenibilità di tutto il pianeta. Il merito, in primo luogo sicuramente, va al sistema di governance (il mix governo-privati è collaudato) ed al sistema della pianificazione centralizzata nelle scelte statali ai livelli regionali e metropolitani. Visitando queste città oggi non si può rimanere indifferenti ad alcuni aspetti quanto mai rilevanti: la disposizione degli insediamenti urbani, la qualità della vita, l’equilibrio tra paesaggio urbano e naturale, la maglia urbana ben organizzata dovuta a piani che hanno fatto la storia (oltre a Stephenson a Perth, Walter Burley Griffin a Camberra).
La “politica” delle “smart-cities” (città intelligenti, concetto e strategia ultimamente molto amplificato in Europa e di moda oggi in Italia) è già insita nel sistema città dell’Australia. Da tempo portano infatti avanti il tentativo di coniugare alcuni aspetti come “competitività” e “sostenibilità”. Nel concorso indetto dall’IBM per premiare le città del mondo che più si distinguono per qualità ed efficienza nell’utilizzo dei sistemi tecnologici, nel 2011 e nel 2012 comparivano due città australiane (Townsville, Queensland; e Geraldton, Western Australia). Infatti, le città australiane hanno consolidato da tempo servizi ad alta tecnologia (alcuni aeroporti hanno già eliminato i banchi di accoglienza con il personale, automatizzando il check-in). L’impiego di sistemi energetici alternativi ha permesso di orientare gli investimenti infrastrutturali. Trasparenza e partecipazione ai processi decisionali sono consentiti dall’ampio ricorso a open data source (es. la realizzazione dei pannelli digitali per un più efficiente utilizzo dell’energia elettrica e dell’acqua, la digitalizzazione delle informazioni per il turismo…) con applicazioni direttamente accessibili a tutti, su web, nei tablet e con smart phone mobile.
Ciononostante, esse stanno cambiando orizzonte virando verso il perseguimento di un maggiore credito e visibilità internazionale nel tentativo di competere con città, metropoli e aree metropolitane di maggior peso. Non senza alcuni grandi interrogativi sulle future trasformazioni urbane e territoriali alle quali ancora non si dà risposta certa.
Forse sarebbe più opportuno, in riferimento al tendenziale sviluppo di questa città, definire la sua proiezione in modo nettamente più chiaro: dalla scala umana di Stephenson, all’esplosione metropolitana (Weller 2010).
È abbastanza evidente il momento che la città sta vivendo e ciò che ne conseguirà, ovvero il passaggio di crescita, un mutamento del ruolo da città storicamente contenuta ed efficiente verso la configurazione di una nuova metropoli.

Il waterfront

Il progetto del waterfront decreterà di fatto la nascita di un nuovo sistema urbano con ricadute significative sul processo di pianificazione e conformazione di una nuova realtà metropolitana. Il waterfront si propone come un vettore dinamico e interattivo di rigenerazione complessiva della città di Perth, ricreando una nuova forma urbana, che intercetterà energie materiali ed immateriali, capitali immobiliari, flussi di reti, merci e persone, un nuovo luogo di scambio anche di idee. Elizabeth Quay offre anche grandi spunti di riflessione agli urbanisti australiani per comprendere e riconoscere la funzione di una infrastrutturazione capillare di Perth, operazione rivolta volta ad accompagnarne la nuova forma metropolitana.
Elizabeth Quay interessa 10 ettari di terreno e si prevede la collocazione di bar, ristoranti, pub, promenade e mobilità alternativa; la realizzazione di un’insenatura artificiale al posto dell’attuale riserva di Esplanade, e la modifica completa dell’ambiente circostante il fiume Swan, compreso l’area urbana del quartiere Barrack Square.
Il piano di ristrutturazione urbana includerà la realizzazione di nove grandi costruzioni, le apposite attrezzature di servizio, la realizzazione di 1.700 appartamenti per la residenza, 150.000 mq di spazi adibiti ad uffici, 39.000 metri quadri di spazi per il commercio al dettaglio. L’investimento economico è di 440 milioni di dollari australiani di cui 270 a carico del governo e 134 milioni dei privati. I lavori dovrebbero essere completati nel 2022 con una ricaduta economica per la città di Perth di 2.6 miliardi.
Seppure il progetto veda il coinvolgimento dell’Agenzia Nazionale per la protezione Ambientale non sono mancate ovviamente aspre critiche al piano (mosse in particolare dal gruppo Citygatekeepers) legate essenzialmente al non rispetto dei beni di interesse culturale, all’impatto sul sistema ecologico del fiume Swan, alla criticità della mobilità urbana, alla carenza di spazi pubblici. Citygatekeepers ha prodotto alcuni progetti alternativi richiedendo maggiori spazi pubblici; aree di mantenimento della biodiversità nel waterfront; la riduzione dei volumi nelle aree sul fiume e volumi più consistenti nell’area retrostante; una puntuale valutazione delle condizioni climatiche per trasformazioni edilizie eco-compatibili.
Nonostante la vibrante protesta, i lavori sono già iniziati con i movimenti terra ed i drenaggi e si procede celermente per consegnare a Perth il nuovo waterfront nel 2022.

Data di pubblicazione: 16 aprile 2014