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Città capitale e smart city? Intervista a Dave Hedgcock

Dave Hedgcock insegna presso la Curtin University di Perth. Nella sua lunga carriera ha scritto diversi saggi e ha redatto numerosi piani e progetti urbanistici. È stato Direttore del Dipartimento di Pianificazione Urbana e Territoriale della Curtin University (2004-2008); nel 2008, è stato designato Life Fellow del Planning Institute of Australia. I suoi interessi sono rivolti alla pianificazione strategica, il paesaggio e l’ambiente naturale con particolare riguardo a Sidney, Melbourne e Perth.

Quali sono gli orizzonti del piano a Perth?
Alcuni parametri possono stimolare una riflessione iniziale. Perth è una città di nuova fondazione: il primo insediamento risale al 1829 ed ebbe uno sviluppo molto lento sino all’epoca della scoperta dell’oro (primi anni del 1900 circa), quindi con una storia urbana relativamente giovane. Tra Perth e Sidney ci sono quasi sei ore di volo e, in questa area vasta come lo spazio europeo compreso tra Roma e Mosca, vivono appena ventitré milioni di abitanti. Perth si trova nella parte più isolata dell’Australia ed è la capitale di uno Stato dai confini vastissimi; la superficie urbanizzata di questa città è più estesa di una città come Singapore che invece contiene cinque milioni di abitanti (tre e mezzo più di Perth). Le relazioni commerciali sono da misurare in ore di volo (ed anche per questo i prezzi dei prodotti in commercio sono molto più cari qui che in altri posti). La città possiede un dominio economico finanziario su una rete vasta che travalica i confini dello stato del WA e concentra le risorse economiche e di servizio rivolte ad una fetta di popolazione molto ampia. Tutto questo inizia a dare un’idea del contesto in cui si inseriscono le trasformazioni urbane in atto.

Come è strutturato il sistema della pianificazione del territorio nel Western Australia?
In primo luogo bisogna chiarire il sistema della pianificazione australiana. Lo stato del WA istituisce un processo simile a quelli europei ed in particolare a quelli inglesi. Da sempre abbiamo avuto un’affinità con l’Inghilterra, talvolta imitandone le costruzioni. In termini di pianificazione del territorio è importante sottolineare che abbiamo avuto, sin dall’inizio dei procedimenti urbanistici, pubbliche amministrazioni locali molto deboli e per tale ragione abbiamo dato forza al livello metropolitano e non a quello locale. Questa debolezza ha permesso allo Stato di avere un ruolo centrale nel sistema di pianificazione ai vari livelli e di definire un sistema di pianificazione urbanistica così articolata: linee guida per l’utilizzo dell’uso del suolo; masterplan, piani strategici/strutturali urbani e territoriali; pianificazione metropolitana regolativa e statutaria e politiche urbane e territoriali; piani regolatori comunali e piani di lottizzazione.
Il primo piano di area metropolitana lo abbiamo prodotto nel 1930 ed identificava al suo interno una serie di approcci davvero qualificati e competenti; soprattutto una serie di iniziative volte a dare un’immagine a Perth di capitale dello Stato del Western Australia. Lo strumento urbanistico prevedeva la proposta di un sistema di trasporto integrato, stabilendo alcuni principi fondamentali: l’individuazione di spazi verdi e d’interventi chiave per lo sviluppo del centro città, la previsione adeguata di spazi pubblici e l’individuazione di centri culturali. Il piano non aveva cogenza normativa in quanto non era definito dalla legge “statutario”.

Che influenza ha avuto Gordon Stephenson nel sistema di pianificazione della Città di Perth?
La grande depressione del 1930 e gli anni della II Guerra Mondiale comportarono che pochi atti di pianificazione venissero implementati. L’obiettivo era di dimostrare soprattutto al governo nazionale che nel Western Australia il nostro sistema di pianificazione aveva valore. A seguito degli anni della Guerra e in relazione anche alle trasformazioni urbane europee iniziammo ad osservare con vero interesse lo stile degli urbanisti europei. A quel punto il governo si assicurò il servizio di Gordon Stephenson che ci diede l’occasione per implementare una nuova stagione di pianificazione urbana e territoriale. In due brevi anni, tra il 1953 ed il 1955, Gordon Stephenson e Alistair Hepburn (entrambi inglesi e di chiara fama mondiale) prepararono il Metropolitan Plan Scheme for Perth and Fremantle. Tengo ad evidenziare che, oltre a disegnare una città metropolitana, diedero vita ad una nuova struttura di pianificazione del territorio, finalmente più efficiente (definita statutory) come il sistema di interventi e regole che successivamente serviranno la città di Perth per cinquanta anni.
Dopo lo slancio conferito alla pianificazione dal Piano Stephenson-Hepburn, nuove sollecitazioni culturali e professionali presero corpo ed un nuovo contributo per la struttura del governo del territorio venne mossa nel WA, introducendo un piano di tipo strutturale e strategico per l’area metropolitana regionale al fine di individuare sul “piano concettuale” (con un piano “idea”) e nel lungo termine, obiettivi e azioni dirette che fungessero da “spina dorsale” all’implementazione di leggi ai vari livelli degli interventi di piano, con cogenza su tutto il territorio metropolitano.
Nacque così il nuovo “Corridor Plan” che fu adottato e divenne cogente sin dal 1970. Da allora una nuova strategia metropolitana è stata preparata e attuata con intervalli di circa ogni 20 anni. Oggi l’area metropolitana di Perth possiede il Piano Strategico di Perth ed il Documento di Indirizzo Direction 2031 adottato nel 2010 rientra negli strumenti e “disegni” fondamentali per il “fare città”.

Quale eredità il piano di Stephenson ha consegnato agli abitanti della città?
Il risultato di questo lungo processo di pianificazione è oggi una città caratterizzata dall’insediamento urbano disperso distinto da aree suburbane a bassa densità, servite da autostrade ad alta velocità, che le connettono al ricco centro urbano, con una zonizzazione delle funzioni urbane molto razionalista (oggi conservata con difficoltà a causa dello sprawl) ed una forma fisica quasi rigida che oserei dire riconoscibile in stile classico, lontano dalle attuali metropoli internazionali crogiuolo e mix di attività e persone. Nonostante tutto ancora oggi la combinazione tra edificazione e qualità della vita di Perth risulta stranamente in equilibrio.

Quali sono le tendenze, i valori e le criticità delle trasformazioni urbanistiche che la città possiede attualmente?
Attualmente la città di Perth mostra diversi fattori di criticità urbana e territoriale i quali prefigurano, comunque, un nuovo scenario di assetto, tali fattori sono identificabili in: congestione delle autostrade; sviluppo molto povero dei sistemi di trasporto pubblico; l’arrivo di circa 1000 abitanti ogni settimana che si aspettano di trarre vantaggio dal boom economico che la città sta vivendo; l’aumento del prezzo delle case legato, soprattutto, all’assenza del social housing; la difficoltà di vivere nel centro città sia per il lavoro che per la vivibilità; mal comune sociale, i residenti rimpiango i tempi d’oro, quando a Perth si stava meglio e chiedono alla politica un salto di qualità; il mutamento dei cityusers della città.
Le sfide, dunque, poste dal rapido processo di crescita della città di Perth ai processi di pianificazione sono sintetizzabili in alcuni punti chiave:
- favorire una maggiore comodità di insediamento umano definito dalla domanda da parte degli abitanti insediabili;
- costruire una “global city” con tutte le caratteristiche che tale processo comporta;
- trovare soluzioni ai timori degli abitanti e della comunità.
Il contributo degli urbanisti deve trovare le giuste soluzioni alle sfide poste dal trend di crescita che la città prospetta.
Per rispondere a tali sfide innanzitutto occorre molta creatività ed innovazione, con il tentativo di uscire dal solco tradizionale delle pratiche e tecniche urbanistiche frequenti, sono queste le nuove attività che stanno intraprendendo gli urbanisti nel Western Australia e che noi stiamo insegnando agli studenti dei nostri corsi in Urban and Regional Planning della Curtin University, per formarli come urbanisti più “visionari” e capaci di pianificare le trasformazioni di parti di città rispetto al suo contesto, o la città rispetto a tutte le sue variabili sia urbane che territoriali; occorre poi che le amministrazioni locali pongano dei nuovi programmi localmente forti per consentire l’insediamento della nuova richiesta di popolazione rinforzando e rinsaldando il proprio ruolo storicamente molto debole al fine di aiutare l’intera crescita metropolitana e consentire quindi una maggiore comodità.
Se vogliamo ospitare più persone a Perth, dobbiamo creare nuovi spazi qualitativamente adeguati, infrastrutture a loro servizio, utili a stimolare la coesione sociale ed innalzare la qualità sia dell’insediamento umano che dell’ambiente e del paesaggio.

Quali sono i fattori che segneranno il suo sviluppo metropolitano e determineranno un cambio della qualità della vita degli abitanti?
Oggi abbiamo necessità, se Perth vuole divenire una città più connessa a scala globale ed uscire dal suo atavico isolamento, di prevedere ed investire maggiormente nella realizzazione di teatri, sale della musica, biblioteche, musei, di progettare anche i luoghi pubblici e gli spazi aperti, per assicurare gli ambienti adeguati per l’incontro e l’aggregazione, dunque favorire una maggiore inclusione sociale che invece attualmente è molto debole. Oltre una certa ora il centro città è poco frequentato poiché le persone rientrano nelle proprie case collocate a venti, trenta o quaranta minuti fuori dalla city e quindi viene meno la domanda di tenere gli esercizi e le attività commerciali aperte oltre una certa ora. Tutto ciò favorisce uno stile di vita che allontana le persone tra loro e non le fa vivere veramente insieme; oltre a creare una carenza di servizi ai potenziali fruitori.
Un sistema urbano oggi nettamente differente rispetto alle metropoli europee, costruite per lo più in epoche precedenti. Ci tengo a sottolineare che periodicamente i giovani, ad esempio i miei studenti, una volta finiti gli studi preferiscono migrare in città australiane più internazionali e attraenti come Melbourne e Sidney dove le opportunità di lavoro, svago e ricreazione sociale e culturale sono molto più sviluppate rispetto a Perth che rimane unica per il suo stile di vita adatto alle coppie, alle famiglie e gli anziani.
In tal senso i fruitori della città stanno rapidamente mutando con un maggior peso di pendolari, uomini d’affari, immigrati da vari paesi del mondo che condizionano certamente l’assetto di Perth.
È necessario dunque cominciare ad attrezzare la città in modo diverso, localizzare nuove aree di insediamento umano con elevate qualità paesaggistiche e funzioni urbane meno omologate, standardizzate e potenziare i servizi, ciò è possibile anche prendendo in prestito i luoghi dall’Oceano, come avviene in diverse parti del mondo (negli Emirati Uniti, in città come Dubai, Abu-Dhabi) e come sta avvenendo anche qua da noi in Australia ad esempio a Port Coogee. Se è possibile farlo sulla costa, perché non farlo anche sul fiume?!

Che ne pensa del piano di riqualificazione e ristrutturazione urbana di Elizabeth Quay
Credo che la città di Perth possieda ancora molto spazio da poter sviluppare, in particolare lo spazio sul waterfront della città. L’Elizabeth Quay è un’operazione che può cambiare l’intero assetto della città, è la prima volta che sottraiamo terra alla città e la doniamo al fiume così facendo permettiamo di far entrare l’acqua nella città.
Questo è un investimento del Governo Australiano, il quale oltre ad aver gestito già la parte di pianificazione urbanistica, sta gestendo centralmente la parte attuativa del masterplan mediante la posa in essere delle attrezzature di interesse generale e successivamente la vendita ai privati dei lotti, tuttavia il governo australiano avrà un forte controllo sul settore privato, è stato proprio il Governo a disegnare il centro città e non i privati poiché solo il Governo conosce le aspettative dei cittadini e delle comunità cosa che il privato invece spesso ignora. La riqualificazione del waterfront assumerà una nuovo ruolo, diverrà una “key area” della futura metropoli, puntando sull’offerta della diversificazione dei servizi, divertimento ed intrattenimento, ed il rinnovo delle architetture. Credo vada incontro ai tendenziali mutamenti di cui prima ti parlavo ovvero sarà un potenziale catalizzatore dei nuovi city-users.
Elizabeth Quay attrarrà e catalizzerà molte persone, non solo dall’Australia ma anche da molte altre parti del mondo e finalmente potranno trovare qualcosa di nuovo e diverso in questa isolatissima città del pianeta.

E per quanto attiene le preoccupazioni relative agli impatti, per esempio sul paesaggio e sull’ambiente?
Come dicevo, noi abbiamo alle spalle un solido Piano Strategico “Perth Directions 2031” che orienta la pianificazione metropolitana. Questo strumento ha decretato che il 50% della nuova crescita sarà nelle nuove aree sub-urbane; ma il restante 50% sarà nelle aree urbane già esistenti e dovrà essere supportato dal disegno di nuovi “centri attrattivi” dove localizzare nuove infrastrutture per la mobilità pubblica, attività commerciali, aree a bassa intensità commerciale e transito degli autobus che consentano di servire ed innervare tutto il sistema urbano a scala metropolitana. Se si seguisse il sistema della pianificazione statale, Perth sarebbe una nuova città veramente carina e molto più eccitante.

Non credi che sia in tal senso discutibile anche Elizabeth Quay?
Riguardo al fatto che il piano l’Elizabeth Quay waterfront possa avere un impatto notevole sull’ambiente, credo che questa sia solo una scusa per non fare più nulla. Oggi, l’evoluzione delle tecnologie e delle metodologie in diversi campi dell’edilizia e delle costruzioni (ingegneria naturalistica, strutturale, architetture bioclimatiche, energie alternative e rinnovabili…) e anche della pianificazione stessa (valutazioni di impatto, studi sul paesaggio e lettura in overlay dei sistemi territoriali ed incrocio con i dati ed indicatori territoriali attraverso i nuovi supporti che il GIS consente di avere) possono prevedere la mitigazione di molti impatti ed in tal senso consentire la creazione di nuove “Visioni” di sviluppo della città e del territorio ed i conseguenti “Scenari”. Tutto ciò consente inoltre la possibilità di adottare le strategie migliori per la loro implementazione di trovare al momento stesso soluzioni alternative ai vari problemi. L’Europa, l’Italia e oggi non solo, ci insegnano che esistono città, in territori addirittura molto più minuti e frammentati, come Amsterdam, Rotterdam, Venezia, Firenze, dove le costruzioni edilizie insistono direttamente sull’acqua e svolgono funzioni quotidiane. La mia personale opinione è che noi urbanisti non possiamo rinunciare a pianificare e progettare città migliori e garantire una migliore qualità dell’esistenza degli abitanti.

Data di pubblicazione: 16 aprile 2014