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Tirana in cerca di identità: il territorio suburbano di ‘Durana’

Nel 1990, dopo la caduta del muro di Berlino, l’Albania ha intrapreso un viaggio difficile, affrontando il duro passaggio dal regime comunista e tradizionale, con una solida base nella cultura ottomana, ad un’economia di mercato capitalista ed una cultura "occidentalizzata". Mentre la crisi economica vissuta nei primi anni della transizione si è ridotta (il paese è ora candidato all’adesione all’UE), l’Albania si trova ancora oggi ad affrontare una crisi identitaria. Esempi di tale difficoltà si rispecchiano in campi differenti. Un esempio evidente di ciò che sta avvenendo è l’ambiente costruito, caratterizzato da una cornucopia di stili architettonici differenti.
La prova più evidente di questo mix stilistico è ciò che è avvenuto ed ancora accade nel tratto di strada di circa 35 km, costruito nel 2001, che collega Tirana (la capitale) a Durazzo (una città portuale). La striscia di territorio che si è sviluppata lungo entrambi i lati di questo collegamento autostradale è un’enclave economica dell’Albania, dove sono localizzate il 35% delle imprese nazionali e il 60% degli investimenti stranieri. Uno dei dibattiti in corso riguarda una eventuale fusione amministrativa di Tirana e Durazzo verso la costruzione una nuova unica area metropolitana - da qui il neologismo ‘Durana’. Nel territorio che congiunge le due città, gli usi del suolo includono centri commerciali, abitazioni unifamiliari e plurifamiliari, magazzini, impianti industriali, edifici per uffici e piccole aziende agricole. Le forme architettoniche di questi edifici includono piramidi egiziane (di vetro), castelli medievali balcanici, pagode cinesi, repliche barocche e architettura decostruttivista.
Lo stile architettonico in quest’area ha alcune caratteristiche particolari legate alla rapida trasformazione economica e sociale della regione avvenuta negli ultimi 25 anni: Tirana si è infatti trasformata, passando da un sistema economico comunista, ad un sistema economico capitalista, decisamente più ricco anche se al di sotto del livello medio dell’Europa occidentale. Le politiche sociali isolazioniste imposte dal vecchio regime sono state eliminate. Per quanto riguarda le normative ed i regolamenti edilizi che guidano e controllano la progettazione, questi sono stati ridotti al minimo, diventando lassisti e frammentati soprattutto all’esterno dei confini amministrativi di Tirana. Nonostante l’importanza di Durana nel suo complesso, fino a poco tempo fa il potere politico è stato devoluto a varie autorità locali, senza alcun coordinamento regionale.
In termini di pianificazione territoriale, queste circostanze hanno portato ad una grande espansione urbana di tipo disperso. Una parte considerevole della popolazione attuale della capitale vive in insediamenti peri-urbani localizzati nell’area di Durana, utilizza strutture commerciali o servizi localizzati in aree periferiche, che la città centrale non può replicare, ed è impiegato nelle imprese di periferia, caratterizzate da scarsa accessibilità ai trasporti pubblici. Gli insediamenti peri-urbani sono serviti solo da un paio di linee di autobus pubblici e da alcuni servizi di trasporto pubblici ‘informali’ (efficienti ma fatiscenti). Diverse imprese suburbane forniscono servizi ai propri clienti e dipendenti con navette private; tuttavia questi servizi sono costosi ed inefficienti. La maggior parte dei clienti e molti dipendenti raggiungono quindi questi luoghi in auto, contribuendo ad alti livelli di congestione.
In teoria, politiche e/o normative potrebbero essere messe in atto al fine di limitare un ulteriore consumo di suolo al fuori di un certo perimetro urbano, definendo così una linea di confine tra città ed una cintura verde, invece di favorire l’espansione del continuum urbano di Durana. Molti urbanisti, tuttavia, ritengono che tali politiche possano essere molto difficili da implementare nella pratica, politicamente inaccettabili nel contesto di Tirana, e dannose per la fragile economia della città. Gli sviluppi suburbani in corso sono troppo imponenti per essere bloccati. In queste circostanze, una politica praticabile potrebbe essere quella di reindirizzare la domanda di spazi residenziali e commerciali suburbani nelle aree già altamente sviluppate di Durana, come ad esempio lungo l’autostrada. Gli sforzi per integrare lo sviluppo suburbano nel tessuto urbano esistente dovrebbero essere integrati con politiche per rafforzare ulteriormente la città centrale, fornendo un ambiente urbano gradevole per i suoi residenti.
In termini di progettazione architettonica, questo quadro ha portato ad una ‘crisi’ stilistica. Le scelte progettuali lungo l’autostrada sono una combinazione di pressioni da parte degli sviluppatori urbani e dubbi gusti dei progettisti albanesi. Questi in qualche modo riflettono anche la crisi identitaria nel mondo dell’architettura contemporanea. Tuttavia, questo approccio, e le ambizioni dei designer sono influenzati dalla particolare cultura locale di Tirana.
Il concetto di identità è la chiave per interpretare le attuali espressioni architettoniche illustrate nelle immagini che accompagnano questo articolo. Il rapporto reciproco tra ambiente costruito e identità viene concettualizzato attraverso il lavoro dello psicologo Amos Rapoport. Quest’ultimo è stato tra i primi ad affrontare questo argomento in termini di interrelazione tra il sé e la società. Sulla base di ricerche empiriche cross-culturali, Rapoport ha gettato le basi teoriche per collegare le forme di costruzione e tipi di modelli di vita, credenze e desideri.
Definendo l’identità (dell’individuo, di un gruppo, di una nazione, dell’essere umano) come "la condizione di essere una cosa e non un’altra", Rapoport sostiene che il processo di creazione dell’identità comprende due fasi: (1) il carattere distintivo del gruppo, il che implica una serie di contrasti con gli altri, per esempio tra il "nostro" ed il "loro" dominio cognitivo; e (2) la creazione di alcune confini che separano questi due domini e la localizzazione delle persone in spazi sociali e/o fisici. Il confine può essere spaziale/territoriale, ma può anche essere religioso, etnico, culturale, comportamentale, o legato all’aspetto esteriore o alla vita in generale. Interpretato come confine concreto e simbolico, l’ambiente costruito, in generale, e il modello insediativo e la casa, in particolare, non solo incarnano significati personali, ma esprimono l’ideologia prevalente degli ordini sociali. Gli ambienti costruiti stabiliscono il contesto e definiscono una situazione, suscitano emozioni, e guidano gli utenti ad agire di conseguenza. In questo senso, gli ambienti costruiti possono essere visti come mezzi di insegnamento e dispositivi mnemonici. Come tali, essi svolgono un ruolo importante nel processo di inculturazione e abitudinarietà del comportamento.
Gli ambienti costruiti comunicano identità e significati attraverso (1) segnali non verbali, compresi i colori, le dimensioni, le forme, l’ubicazione, le altezze ed i materiali; (2) particolari elementi costruttivi, come le facciate, le piante, gli arredi; e (3) altri mezzi visibili, udibili, o tangibili, compresi i riti, la lingua, le apparenze fisiche. Spesso i sistemi territoriali ed ambientali sono relativi ad una specifica cultura e vengono utilizzati per comunicare identità chiare e inequivocabili. Le identità possono comprendere, ad esempio, una organizzazione familiare (cioè, nucleare o tribale), i ruoli di genere (cioè la separazione dei sessi,), lo status e il prestigio (ad esempio una gerarchia sociale), e atteggiamenti contro la tecnologia e l’innovazione (ad esempio, la modernità e il conservatorismo). Una forma particolare (ad esempio un denso tessuto urbano) può portare molteplici significati (ad esempio, le esigenze di difesa, istinti gregari, la mancanza di denaro, la mancanza di terreni coltivabili).
Cambiamenti critici (ad esempio, un rapido mutamento culturale o la globalizzazione) possono portare alla distruzione dei nuclei originari e di conseguenza alla perdita della propria identità. Queste condizioni possono provocare una risposta difensiva. I gruppi originari difendono quindi alcuni elementi chiave per mantenere viva la propria l’unicità. Questi possono includere sfilate, feste o riti, comportamenti tipici o attività, fino a comprendere gli elementi fisici specifici dell’ambiente costruito.
Nel tentativo di preservare quegli elementi che sono alla base della propria identità e cultura (per esempio, la spiritualità o la superstizione), le società potrebbero fare delle scelte che appaiono "irrazionali" in termini di topografia, clima, o struttura.
A Durana, la spinta di prendere in prestito stili di progettazione da una vasta raccolta di fonti esterne e di impiantarli in Albania, riflette la lotta degli albanesi di riformulare la propria identità nazionale - la nazione intesa come spazio metaforico in cui le persone individuano le loro storie personali e, quindi, la loro identità. Inoltre, l’importazione di stili progettuali è un sottoprodotto di un fascino xenocentrico per i paesi occidentali e dei loro stili di vita da consumatori, negato agli albanesi per molto tempo durante il comunismo.
Tradizionalmente, gli albanesi conducevano una vita chiusa; la società era organizzata in rigide famiglie patriarcali dove il comportamento individuale è stato nel tempo rigorosamente codificato e controllato.
La famiglia ha fornito la coesione sociale necessaria per tenere insieme una società afflitta da guerre e colonizzazioni. Gli stili architettonici sono stati guidati dai principi dell’architettura ottomana - l’Impero Ottomano si era esteso in Albania tra il XV e XX secolo. Nel XX secolo, anche il regime comunista, in tutta la sua brutalità, ha rappresentato un ideale unificante, un sogno collettivo in cui la gente potesse identificarsi. L’estetica sovietica dominava.
Ora, la scomparsa di piccole comunità tradizionali, la commercializzazione delle relazioni sociali, e le diverse opportunità di guadagno hanno avuto la meglio sui valori del passato. Avendo in molti casi rifiutato, e non riconoscendosi più nel proprio passato ottomano o comunista, gli albanesi sono in procinto di realizzare un nuovo progetto di identità. Una parte importante della popolazione ha sviluppato nuove, non ancora cristallizzate, aspirazioni occidentali. Altri, invece, soffrono dei processi di modernizzazione e globalizzazione, che si associano all’imposizione di costumi occidentali, e preferirebbero un ritorno ad un lontano "periodo d’oro". L’evoluzione delle identità albanesi come luoghi di contestazione, negoziazione, e manipolazione, ha portato ad un senso di frustrazione e di perdita. Ingegneri ed architetti cercano di colmare tale divario con progetti importati da altri paesi o da altri tempi.

Leggere Tirana

- Elsie, Robert. 2010. Historical Dictionary of Albania. London: The Scarecrow Press.
- Pojani, Dorina, and Elona Pojani. 2011. “Urban sprawl and weak regional transport in ‘Durana.’” Paper presented at conference: Stable Local Development: Challenges and Opportunities, Peja, Kosovo, 3-4 June.
- Pojani, Dorina. 2009. “Urbanization of Post-Socialist Albania: Economic, Social, and Environmental Challenges.” Debatte: Journal of Contemporary Central and Eastern Europe 17(1):89-101.
- Pojani, Dorina. 2010. “Tirana. City Profile.” Cities 27 (6): 483-495.
- Rapoport, Amos. 1981. “Identity and Environment: A Cross-Cultural Perspective.” In Housing and Identity: Cross-Cultural Perspectives, J. Duncan (Ed.), 6-35. London: Croom Helm.
- Rapoport, Amos. 1982. The Meaning of the Built Environment: A Nonverbal Communication Approach. Beverly Hills, Ca: Sage Publications.
- Weiss, SrdjanJovanović. 2010. “Turbo Architecture.” In Atlas of Transformation, Z, Baladrán and V. Havránek (eds.) Prague: JRP/Ringier

Data di pubblicazione: 16 febbraio 2017