Urbanistica INFORMAZIONI

Sulla riqualificazione urbana

Le politiche di riqualificazione urbana non si prestano a valutazioni affrettate, a brusche sterzate di giudizio, dall’entusiasmo tipico del neofita alla delusione tipica di chi aveva riposto soverchie speranze nella possibilità di ottenere risultati certi e immediati. I tempi lunghi non solo delle trasformazioni urbane ma anche dell’apprendimento sociale e organizzativo, esigono continuità di programmi e azioni, supportati non solo da idonei strumenti regolativi e incentivi economici ma anche da visioni politiche e strategie coerenti; richiedono la capacità di monitorare, valutare e sottoporre a revisione le politiche, e ancor prima persuasione della utilità di tali attività nella pratica amministrativa ordinaria. All’origine della necessità di dare impulso alla riqualificazione urbana sono decenni di espansione, urbanizzazione anonima, emarginazione delle classi sociali svantaggiate, insostenibilità ecologica ed economica dei modelli insediativi, e la conseguente impellenza di ripensare lo sviluppo di territori nei quali disagio sociale, crisi ambientale e degrado urbano appaiono indissolubilmente intrecciati. Slegata da tali consapevolezze, la riqualificazione rischia di trasformarsi in ristrutturazione di singoli edifici o parti di città, in operazioni di mera valorizzazione immobiliare, e di non produrre soluzioni migliori dei problemi che è chiamata a risolvere. È questo il caso dei provvedimenti spot o di natura derogatoria del governo nazionale, dal cd. piano casa al decreto sviluppo. Il governo regionale della Puglia, da oltre cinque anni, è impegnato nell’attuazione di una politica di riqualificazione delle aree urbane degradate fondata su tre parole chiave: partecipazione, integrazione e sostenibilità. Essa mira a invertire i processi di degrado e abbandono della città esistente, a favorire la riqualificazione e frenare l’espansione, a rivitalizzare i quartieri emarginati e contrastare l’esclusione sociale. Consapevoli della radicalità dei cambiamenti culturali e operativi necessari per conseguire questi obiettivi, si è fatto ricorso all’intera gamma di strumenti attivabili, non solo regolativi e finanziari ma anche organizzativi e relazionali. Si deve considerare che nel 2005 la Regione Puglia non era dotata di alcuna norma o programma per il recupero edilizio e la riqualificazione urbana, e i contenuti più innovativi dei “programmi complessi” promossi dallo Stato o dall’Unione europea erano ignorati o fraintesi dalla gran parte degli attori locali coinvolti nelle pratiche consolidate di governo del territorio.
La politica regionale ha avvio fra 2005 e 2006 con i “programmi integrati di riqualificazione delle periferie” (pirp), da elaborare con la partecipazione attiva degli abitanti e con un forte orientamento alla sostenibilità ambientale e all’inclusione sociale. La risposta è stata molto ampia: 122 comuni, ossia poco meno della metà del totale, hanno elaborato 129 programmi, per la prima volta con il contributo attivo non solo degli attori tradizionali delle trasformazioni urbane, ma spesso anche di associazioni, cooperative, organizzazioni sindacali e soprattutto di chi vive e opera nei quartieri [1]. Il passaggio dalla straordinarietà alle pratiche ordinarie è principalmente segnato dall’approvazione, fra 2007 e 2010, del Documento regionale di assetto generale contenente indirizzi per la pianificazione comunale ed esecutiva e, nel 2008, delle norme regionali per la rigenerazione urbana. Queste ultime inquadrano in una cornice organica e sistematica il nuovo approccio inaugurato con i pirp. L’uso del termine rigenerazione sottolinea la necessità di considerare degrado fisico e disagio sociale nelle loro strette relazioni, affiancando alla riqualificazione ambientale, azioni per l’inclusione sociale, e dunque attinenti al campo abitativo, socio-sanitario, formativo, occupazionale e dello sviluppo. Un punto, questo, sul quale occorre insistere perché, com’è noto, nella “tradizione italiana” l’attenzione alla dimensione fisica della riqualificazione prevale sulla prospettiva socio-economica, la settorialità delle competenze è radicata e non sono numerosi i casi di cattura da parte del pubblico di una quota adeguata dei plusvalori generati dalle trasformazioni urbanistiche. La legge prevede due strumenti: il documento programmatico e il programma integrato di rigenerazione urbana, entrambi elaborati con la partecipazione degli abitanti. Queste norme rappresentano ora riferimento essenziale per la programmazione comunitaria 2007-2013 e la prospettiva dell’ottenimento dei finanziamenti costituisce per i Comuni poderoso incentivo ad attuarle: l’asse città del Programma Operativo Fesr si articola in due obiettivi operativi, relativi rispettivamente alla rigenerazione urbana, riguardante parti di città medio-grandi, e alla rigenerazione territoriale, riguardante sistemi di centri minori [2].
Consapevoli che la portata innovativa della politica regionale per la rigenerazione urbana richiede un sostegno istituzionale convinto e continuativo, si è quindi ritornati a utilizzare risorse finanziarie per darle impulso e favorirne la diffusione, mantenendo viva la tensione per l’apprendimento sociale e organizzativo, che è essenziale per migliorare la coerenza degli interventi con le tre parole chiave alla base della politica regionale e per raggiungere più diffusamente gli obiettivi desiderati. E proprio questa a me pare la prova più difficile.

[1I programmi finanziati sono stati inizialmente 31 con 93 meuro del piano casa e poi 99 utilizzando 122 meuro di fondi comunitari. A questi si sono aggiunti 24 meuro destinati al “programma di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile”, deliberatamente in continuità con i pirp ma con alcune modifiche ispirate dall’esperienza maturata.

[2Nel primo caso sono stati sinora avviati interventi ad opera di 26 enti locali; nel secondo 83 progetti tra interventi a rete e puntuali di 118 enti entro 21 aggregazioni o unioni di comuni.

Data di pubblicazione: 7 luglio 2011