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Resilienza

Resilienza – dall’etimo latino resilire che significa rimbalzare – è concetto antico, studiato e sviluppato in diverse discipline scientifiche, quali la fisica dei materiali, l’ingegneria, l’ecologia, la biologia, la psicologia, le scienze sociali, solo per citarne alcune. Dai diversi contributi disciplinari discende la polisemia del concetto che rimanda ad una definizione ampia, capace di mettere a fuoco una metafora efficace per analizzare i sistemi complessi. Proprio questa agilità epistemologica ne definisce la potenzialità semantica in urbanistica. Risale all’ultimo decennio l’uso crescente del concetto nella pianificazione del territorio, sia come lente per interpretare le profonde dinamiche di mutamento socio-ambientale, sia come mezzo per innovare le politiche pubbliche in risposta alle dinamiche globali in atto. Dalle prospettive epistemologiche condivise nella letteratura disciplinare emerge la definizione co-evolutiva/trasformativa che intende la resilienza come proprietà strutturale di ciascun sistema territoriale, correlata ai caratteri di robustezza e adattamento ed alle capacità di apprendimento, trasformazione, innovazione. La resilienza è processo di cambiamento determinato dalle capacità del sistema territoriale – e di tutti i suoi componenti – di mantenere e/o rapidamente ritornare alle funzioni di base, di adattarsi al cambiamento, di trasformare le componenti che limitano l’attuale e futura capacità di apprendimento e innovazione, in risposta a turbolenze improvvise e shock inattesi. L’accezione co-evolutiva del concetto ne mette in luce con chiarezza la portata per il governo del territorio, focalizzando l’attenzione sulle capacità endogene di ciascun sistema territoriale di saper valorizzare le proprie specificità di organizzazione e trasformazione. La resilienza non è intesa come punto di ’equilibrio’ da raggiungere e, una volta raggiunto, da mantenere nel tempo, ma è piuttosto concepita come stato di ’equilibrio dinamico’, focalizzando così l’attenzione sulla mutevole capacità di evoluzione del sistema in risposta alle continue sollecitazioni esogene ed endogene. In questa prospettiva, la resilienza è intesa come sfida per la pianificazione dei territori, come mezzo per innescare e prefigurare traiettorie di cambiamento nel lungo periodo. Mentre le scienze ecologiche e le discipline ambientali hanno incorporato il paradigma della non staticità nei quadri di conoscenza, per quanto riguarda l’urbanistica la questione di incorporare la dimensione dell’incertezza mantenendo il focus sullo stato di equilibrio rimanda al confronto con l’evoluzione delle teorie ed i connessi modelli di razionalità che, dalle origini dell’urbanistica moderna, hanno accompagnato i paradigmi per l’azione lungo il corso del Novecento fino ai nostri giorni. Il dibattito internazionale che riflette sul paradigma cognitivo per pianificare nella prospettiva della resilienza torna a discutere sui metodi per la progettazione del processo di governo dei territori, declinando il significato della resilienza secondo una razionalità strategica che comprende metodi volti a favorire l’integrazione, la collaborazione, la dimensione dialogica, inclusiva, flessibile, comunicativa. Emergono alcuni concetti chiave che mettono in luce le due dimensioni specifiche di un approccio di pianificazione orientato alla resilienza: (i) la capacità di focalizzare l’azione su approcci integrati e transcalari di coevoluzione del sistema; (ii) la capacità di promuovere un approccio place-based tra istituzioni, organizzazioni, reti sociali per progettare azioni di adattamento e trasformazione. Un approccio di pianificazione per la resilienza che mette al centro il dialogo tra istituzioni e comunità, per migliorare la capacità di apprendimento ed evoluzione del sistema territoriale. La resilienza assume il significato di nuovo quadro di riferimento per innovare la conoscenza e i metodi per progettare l’azione, in risposta alle dinamiche globali di mutamento in corso. Da questa prospettiva, i principali accordi e politiche internazionali declinano la resilienza riguardo al ruolo che essa può assumere per orientare la protezione climatica. Sul versante europeo, la Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici (2013) propone un approccio mainstreaming che integra il progetto per l’adattamento dei territori negli strumenti della pianificazione. In particolare, il Green Deal Europeo (2019) costituisce il primo tentativo di declinare il ’pensiero resiliente’ nelle politiche pubbliche promuovendo, in risposta al cambiamento climatico, un modello di sviluppo a neutralità climatica al 2050, da realizzarsi a partire da un piano di investimento di risorse pubbliche, per dare attuazione a progetti di transizione energetica ed ecologica. Nel nostro Paese, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in attuazione degli investimenti del Next Generation EU (2021), potrebbe rappresentare l’occasione per supportare la declinazione della resilienza nell’azione di governo dei territori. Nella fase attuale il processo istituzionale è aperto e tutto da giocare per tentare di progettare la dimensione territoriale delle “missioni” del PNRR, con l’obiettivo di dare avvio a un percorso di resilienza capace di coniugare le azioni frammentate di rigenerazione del patrimonio territoriale con nuovi modelli economici e stili di vita orientati alla transizione ecologica dei processi produttivi, alla salute e al welfare urbano, all’equità sociale.

Data di pubblicazione: 27 novembre 2022