Urbanistica INFORMAZIONI

Il bisogno di urbanistica

Breve riflessione post VII RUN e XXX Congresso dell’INU

L’urbanistica pare tornata al centro dell’attenzione. Non si tratta solo delle molteplici proposte di legge sui temi della rigenerazione urbana e del consumo di suolo o degli studi sulle città, che appartengono al nostro campo disciplinare. Architettura e urbanistica sembrano attraversare, a volte sottotraccia, discorsi, narrazioni e dibattiti sul nostro presente europeo, ove sono poste domande sulle relazioni logorate fra le acquisizioni culturali apparentemente stabili e i princìpi che le hanno generate. Ciò riguarda la cultura dei diritti umani tanto quanto l’identità internazionale delle città europee, tradizioni delle quali si apprezzano i risultati, ma che, sganciate dai princìpi di origine, si perdono nell’assoluta superficialità che ci circonda. «Mentre i nostri antenati ci hanno lasciato le cattedrali di Sant-Denis, Chartres, York, San Pietro, l’abbazia di San Giorgio Maggiore e il monastero dell’Escorial, i grandi edifici contemporanei fanno a gara solo a quale è più alto, più luccicante, o più nuovo» (Murray, 2017) [1]. D’altronde «siamo soliti valutare una civiltà -tanto del presente come del passato- dalle forme urbane e abitative che produce» e «la riconcettualizzazione dello spazio -e dello spazio urbano in modo particolare- sarà al centro della trasformazione che ci aspetta. Vero e proprio campo di battaglia del nostro futuro» (Magatti, 2018) [2]. Un’arena nella quale si tendono le relazioni tra individualizzazione e condivisione, quest’ultima che «va semplicemente dove c’è possibilità di andare: negli spazi residuali delle frange urbane o nel cuore simbolico della città», rompendo le retoriche dello «stare ognuno per sé» e ricostruendo «valori economici a partire da quelli sociali» [3]. Alla costruzione degli spazi urbani e anche all’architettura, se e in quanto interpretata come «grande opportunità collettiva che comporta l’essere responsabili verso una grande quantità di individui» [4], pare potersi affidare la capacità di offrire speranza nella società contemporanea, un modo per non rimanere ostaggi del presente, per ritrovare gli etimi, ripensare un’idea di civiltà e scongiurare il rischio, come accade anche per il linguaggio, di non comprendere le problematicità sociali e politiche con le quali dobbiamo confrontarci (Balzano, 2019) [5]. Per Ratti «l’impegno pubblico è un fattore determinante nel dibattito sul futuro urbano collettivo», in uno scenario nel quale la fabbrica può estendersi in ogni quartiere, «la città diventa forum di azione e reazione, il terreno di gioco dell’innovazione urbana si estenderà a nuove comunità» [6]. Secondo Winy Maas, direttore di Domus da gennaio 2019, «ogni scala è urbanistica, ognuno è urbanistica, tu sei urbanistica» [7]. La rivista, secondo il suo programma, darà voce per tutto l’anno «a quelli che fanno città, come urbanisti, architetti, paesaggisti, designer, artisti, costruttori, investitori, sindaci, residenti, utenti, ricercatori e critici», che operano «in un mondo dinamico che va dai nano-materiali alla pianificazione su larga scala» [8]. Gabellini utilizza il termine urbanistica non per «stanca inerzia» ma come scelta, utile per riflettere sulle condizioni urbane, sugli orizzonti della rigenerazione e della resilienza, sui rapporti tra piano e progetto, sui compiti della politica e quelli della tecnica, sul ruolo dell’urbanista. Un ruolo, questo, caratterizzato da solitudine ma forte della deontologia che lo disciplina («un sistema di valori riferito alla competenza») e dell’attitudine ad assumersi responsabilità «per molti versi anche condizione di convivenza civile». Sono tratti ritenuti tipici di «chi opera in una prospettiva riformista», necessari «per mantenere aperto uno spazio di azione e riflessione sui temi difficili e controversi riguardanti le scelte per città e territori, andando oltre l’incertezza del ruolo, inteso come interfaccia tra il singolo e ciò che la società si può aspettare da chi ricopre una determinata posizione» [9]. La città è al centro di un romanzo che narra il presente osservando la vita di una strada, implacabile nel cogliere «frammenti di pianificazione urbana, vale a dire, per quel che ne so, di teoria urbanistica novecentesca mal applicata o solo parzialmente applicata, uno pseudo-viale con annessi parcheggi che sembra volersi inoltrare nella Sacca, ma subito si pente e si restringe, un episodio tronco senza senso apparente, una specie di moncherino di città possibile che mi appare come un compromesso tra i dettami modernisti e la pratica andante dell’urbanista comunale, che non sa niente di città, perché è addestrato a vederla come un insieme di zone-indici-numeri-leggi-regolamenti-norme che devono tornare e ha dimenticato la qualità dello spazio fisico e degli oggetti che lo compongono» [10].

Così viene colta, in un fotogramma, quell’urbanistica appiattita sulla conformità e sulle procedure, esito di una complicata stratificazione che, in assenza di riforma urbanistica nazionale, il regionalismo riformista della fine dello scorso secolo non ha potuto superare. Le vicende urbanistiche del Novecento e in esse la lunga storia della legge urbanistica nazionale sono, però, da comprendere e rileggere per ricavarne «ipotesi per il futuro», in un’Italia che vede chiudersi gli individui in cerchie «sempre più ristrette, sempre più omogenee, entro le quali non ci si confronta o si discute, ma ci si riconosce come uguali o ci si rifiuta» (Zoppi, 2018) [11].

Dunque l’impegno dell’Istituto Nazionale di Urbanistica va confermato, «a favore di uno spazio, quello dei luoghi, ma anche e di più quello della disciplina, entro il quale muoversi da qui in avanti, ove non vi è modo di aggiustare o rammendare, ma è meglio recuperare (rigenerare), eliminare, ideare» [12]. Un impegno che nel XXX Congresso accompagnato dalla VII Rassegna Urbanistica Nazionale dell’INU (Riva del Garda, 2019) si è declinato in un programma rigoroso ma non chiuso, per proporre strumenti utili alla società civile e all’azione istituzionale: un nuovo modo di fare urbanistica per un nuovo modello di sviluppo.

[1Douglas Murray, La strana morte dell’Europa, Neri Pozza, 2018

[2Mauro Magatti, La città convivio, in Ilaria Giuliani e Paola Piscitelli (a cura di), Città sostantivo plurale, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2018, p. 70

[3Cristina Bianchetti, Introduzione, in Cristina Bianchetti (a cura di) Territori della condivisione. Una nuova città, Quodlibet, 2014, p. 10

[5Marco Balzano, Le parole sono importanti, Einaudi, 2019

[6Carlo Ratti, La città di domani, Einaudi, 2017

[9Patrizia Gabellini, Le mutazioni dell’urbanistica. Principi, tecniche, competenze, Carocci, 2018

[10Francesco Pecoraro, Lo stradone, Ponte alle Grazie, 2019, pp. 69-70

[11Mariella Zoppi, Carlo Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del ’42, Didapress, 2018

[12Il governo della frammentazione, Documento congressuale, XXX Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, Riva del Garda 3-6 aprile 2019

Data di pubblicazione: 31 agosto 2019